Si segnala la recente pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite 18 settembre 2020, n. n. 19956, intervenuta a comporre un contrasto di giurisprudenza, che ha fatto molto discutere la dottrina e gli operatori, in ordine all’identificazione del soggetto cui spetta avviare il procedimento di mediazione obbligatoria, ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, D.lgs. n. 28/2010, in caso di opposizione a decreto ingiuntivo, nonché sulle conseguenze del mancato adempimento del relativo onere.
Il contrasto di orientamenti – prodottosi principalmente nella giurisprudenza di merito – si era acuito a seguito di un primo intervento della Corte di cassazione, la quale, con la nota sentenza 3 dicembre 2015, n. 24629, aveva posto l’onere di introduzione del procedimento di mediazione sul debitore opponente, facendo ricadere, su quest’ultimo, le conseguenze negative derivanti dal mancato esperimento del procedimento di mediazione.
La questione, implicante una riflessione di natura sistematica sulla natura del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e sulla posizione che le parti assumono in seno ad esso, era stata ritenuta meritevole di un più approfondito riesame dalla Terza sezione della Corte di cassazione, che, con l’ordinanza interlocutoria del 12 luglio 2019, n. 18741, aveva rimesso gli atti al Primo Presidente, per l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Con la pronuncia segnalata, le Sezioni Unite, risolvendo il contrasto giurisprudenziale, hanno espresso il principio, secondo cui, nelle materie soggette a mediazione obbligatoria, i cui giudizi vengano introdotti con ricorso per decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, se il creditore opposto non si attiva, la pronuncia di improcedibilità di cui all’art, 5, comma 1-bis, d.lgs. n. 28/2010 si accompagna alla revoca del decreto ingiuntivo opposto.
La decisione delle Sezioni Unite, nelle conclusioni, appare condivisibile; con ciò, non possono dirsi risolti tutti i nodi problematici che tuttora persistono intorno alla natura del termine per l’avvio del procedimento di mediazione ed intorno all’individuazione della condizione che deve essere soddisfatta perché il processo possa proseguire verso la decisione nel merito; condizione che una parte della giurisprudenza continua a ravvisare nel tempestivo avvio del procedimento di mediazione, mentre altra giurisprudenza e la dottrina individuano nel fatto che il tentativo di mediazione abbia comunque avuto luogo, a prescindere dal momento della sua effettiva introduzione. Quest’ultima soluzione appare più rispettosa dei principi costituzionali ed europei, che impongono di attribuire alla mediazione una funzione non deflativa, ma volta a migliorare l’accesso alla giustizia, ampliando gli spazi e gli strumenti di tutela dei diritti. Non è, tuttavia, da escludere che il consolidamento di una tale concezione richieda, nell’immediato futuro, un nuovo intervento della Corte di cassazione, nella sua più autorevole composizione.