1. Premessa: inquadramento dei temi oggetto dell’intervento.
Per ragioni di tempo, non farò cenno alle parti e alle disposizioni che sono da me sostanzialmente condivise; esse, peraltro, rappresentano la parte maggiore, per quantità e qualità, dello schema del decreto correttivo (si pensi, ad esempio, all’art. 48 CCI così come modificato dall’art. 7 del decreto correttivo).
La mia attenzione avrà dunque ad oggetto esclusivamente: a) le norme che reputo non convincenti sul piano dell’opportunità o, a maggior ragione, non coerenti con i principi della legge delega; b) gli aspetti (o, meglio, alcuni aspetti) che ritengo che meritino di essere oggetto di un intervento e che non sono stati presi in considerazione dallo schema del decreto elaborato dal Governo.
Circoscriverò la mia analisi ai profili più propriamente concorsuali, tralasciando quelli relativi alla scienza aziendalistica, al diritto del lavoro, al diritto societario sostanziale e al diritto penale.
2. Considerazioni generali sugli aspetti concorsuali dello schema di decreto correttivo.
Così delimitato il perimetro dell’intervento, rilevo che, in termini generali, il correttivo:
a) compie delle scelte di fondo sulle quali si può discutere, ma delle quali si deve prendere atto: sono accentuati i profili di procedimentalizzazione degli istituti (così, in particolare, all’art. 12 per il concordato minore); è rafforzato il ruolo del pubblico ministero e dell’autorità giudiziaria;
b) resta a metà strada, invece, su temi centrali, nel segno delle scelte compiute dalla Commissione Rordorf, quali la disciplina dei gruppi di imprese;
c) non affronta alcuni profili strettamente procedurali (esempio: impugnazione dei provvedimenti assunti in sede di reclamo contro gli atti del giudice delegato, del curatore e del comitato dei creditori, che, sulla base della normativa vigente, hanno suscitato non poche difficoltà agli interpreti).
3. In particolare: osservazioni e spunti di riflessione.
Venendo, in particolare, ai singoli interventi di modifica proposti nello schema di decreto correttivo, rimetto di seguito, in forma volutamente sintetica e schematica, alcune osservazioni e alcuni spunti di riflessione.
A) Osservazioni
1) Art. 7 (Modifiche in materia di accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza) del decreto correttivo relativo agli Artt. 37 – 55 (Capo IV, Titolo III, parte I – Accesso alle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza) del CCI
Con riguardo alle modifiche introdotte all’art. 55, risulta opportuna l’estensione dei poteri cautelari e protettivi della corte d’appello di cui all’art. 54, oltre che al giudizio di reclamo contro il provvedimento che rigetta la domanda di apertura della liquidazione giudiziale previsto dall’art. 50, anche ai procedimenti di reclamo contro il decreto del tribunale di cui all’art. 47, comma 4, che accerta la mancanza delle condizioni di ammissibilità e di fattibilità della proposta e del piano di concordato.
Tuttavia, non è condivisibile la limitazione del potere della corte di emettere i provvedimenti protettivi di cui al comma 2 dell’art. 54 soltanto nel procedimento di reclamo contro il decreto del tribunale di cui all’art. 47, comma 4, che accerta la mancanza delle condizioni di ammissibilità e fattibilità della proposta e del piano di concordato, e il potere di emettere i provvedimenti cautelari di cui al comma 1 dell’art. 54 soltanto nel procedimento di reclamo contro il provvedimento che rigetta la domanda di apertura della liquidazione giudiziale di cui all’art. 50; infatti, non si vede ragione per limitare legalmente il contenuto delle misure che può adottare la corte d’appello anziché rimettere alla corte la determinazione dello stesso in ragione della valutazione del caso concreto, in modo corrispondente a ciò che avviene nel primo grado di giudizio.
2) Art. 8 (Modifiche in materia di strumenti negoziali stragiudiziali) del decreto correttivo relativo all’Art. 56 (Accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento) del CCI
L’ampliamento del contenuto minimo obbligatorio dei piani attestati di risanamento, e in particolare gli interventi introdotti dall’art. 8 del decreto correttivo alla lett. d) dell’art. 56 (elenco dei creditori estranei con indicazione delle risorse destinate all’integrale soddisfacimento dei loro crediti alla scadenza) e alla lett. g (richiesta di un piano industriale e l’evidenziazione dei suoi effetti sul piano finanziario) del CCI appesantiscono lo strumento, che diviene troppo simile agli accordi di ristrutturazione dei debiti; ciò rende ancora più difficile il ricorso al piano attestato di risanamento, anche nella prospettiva delle successive azioni revocatorie che potranno legalmente essere proposte nei confronti degli atti che ne rappresentano l’esecuzione (ciò con particolare riferimento alla valutazione di ragionevolezza del piano, da parte del giudice, ammesso dalla giurisprudenza a tali fini).
3) Art. 10 (Modifica in materia di procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento) relativo all’art. 65 (Ambito di applicazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento) del CCI
Si condividono e si ribadiscono le osservazioni sulle modifiche introdotte dall’art. 10 del decreto correttivo all’art. 65 del CCI del Consiglio di Stato, che ha rilevato:
- da una parte, l’opportunità di mantenere nell’art. 65 del CCI, quale norma generale sull’ambito di applicazione delle procedure di composizione delle crisi da sovraindebitamento, il riferimento alla regola per cui la procedura produce i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili;
- dall’altra parte, la mancata riproposizione della disposizione nell’ambito degli articoli concernenti il “concordato minore” e il suo inserimento come integrazione dell’art. 270 (Apertura della liquidazione controllata), al comma 1, da parte dell’art. 29 (Modifiche in materia di liquidazione controllata del sovraindebitato), comma 2, del decreto correttivo.
5) Art. 18 (Modifiche in materia di omologazione del concordato preventivo) relativo all’art. 119 (Risoluzione del concordato).
Con particolare riferimento all’inadempimento delle obbligazioni previste dal piano, e quindi alla mancata esecuzione del piano, con l’inserimento di un ultimo comma all’art. 119 CCI, il correttivo prende esplicitamente posizione a favore di quella giurisprudenza che istituisce un vincolo di pregiudizialità necessaria tra il provvedimento di risoluzione del concordato e il provvedimento che dispone la liquidazione giudiziale.
Si condivide l’opportunità di una presa di posizione esplicita sul punto, ma non si condivide la scelta compiuta. Infatti, sembra essere preferibile l’interpretazione prospettata dalla giurisprudenza maggioritaria, che ammette la declaratoria di insolvenza senza necessità di un preliminare passaggio dalla declaratoria di risoluzione, anche in caso di inadempimento delle obbligazioni di cui al piano di concordato. Tale interpretazione si preferisce, in quanto va nel senso dell’accelerazione e dell’economia processuale.
Per contro, è condivisibile quanto previsto circa la possibilità di procedere alla declaratoria di liquidazione giudiziale omisso medio, in caso di eventuale inadempimento delle obbligazioni sorte dopo il deposito della domanda di concordato.
B) Spunti di riflessione
1) Art. 1 (Modifiche alle definizioni) del decreto correttivo relativo all’Art. 2 (Definizioni) del CCI e Art. 3, commi 1 – 4, (Modifiche in materia di strumenti di allerta) del decreto correttivo relativo all’Art. 12 (Nozione, effetti e ambito di applicazione) del CCI nonché Art. 3, comma 5, (Modifiche in materia di organismo di composizione della crisi) relativo all’Art. 17 (Nomina e composizione del collegio) del CCI
Si segnala una discrasia che viene a crearsi in ordine alla gestione della fase di allerta per le imprese agricole e le imprese minori in ragione di quanto prescritto dall’art. 2, lett. u), e dall’art. 12, comma 7, del CCI post decreto correttivo.
L’art. 2, lett. u), sembra attribuire agli OCRI la gestione della fase di allerta delle imprese minori mentre l’art. 12, comma 7, sembra invece attribuirlo agli OCC.
Precisamente:
- l’art. 2, lett. u), CCI post decreto correttivo così prescrive: «u) OCRI: gli organismi di composizione della crisi d’impresa, disciplinati dal capo II del titolo II del presente codice, che hanno il compito di ricevere le segnalazioni di allerta e gestire il procedimento di allerta e, per le imprese diverse dalle imprese minori, il procedimento di composizione assistita della crisi»;
- l’art. 12, comma 7, CCI (che non viene toccato dagli interventi del decreto correttivo) così prescrive: «7. Gli strumenti di allerta si applicano anche alle imprese agricole e alle imprese minori, compatibilmente con la loro struttura organizzativa, ferma la competenza dell’OCC per la gestione della fase successiva alla segnalazione dei soggetti di cui agli articoli 14 e 15 ovvero alla istanza del debitore di composizione assistita della crisi».
Peraltro, non si tratta soltanto di un mancato coordinamento tra norme, ma di un vero e proprio difetto strutturale in quanto le norme che regolano il funzionamento delle OCC non si occupano della gestione della fase di allerta delle imprese minori (le disposizioni degli artt. 17 e ss. non sembrano riferirsi agli OCC ma solo agli OCRI).
Analogo problema si registra con riferimento all’art. 17, comma 6, dove si fa riferimento all’OCC come soggetto al quale, per le imprese minori, è attribuita la gestione del procedimento di composizione assistita.
2) Proposta di integrazione dell’Art. 3 (Doveri del debitore) CCI
Si propone di reinserire all’art. 3 del CCI, rubricato «Doveri del debitore», il primo comma della norma previsto nella bozza di decreto licenziato dalla Commissione Rordorf, che così dispone: «Il debitore deve assumere le obbligazioni in modo prudente e proporzionato alle proprie capacità patrimoniali».
Tale proposta si fonda, anzitutto, su due motivi di carattere sostanziale.
In primo luogo, infatti, tale intervento consentirebbe di porre in rilievo che il nuovo CCI non si rivolge soltanto agli imprenditori sopra soglia, come la legge fallimentare attualmente vigente, ma anche a tutti gli altri debitori, inclusi i consumatori.
In secondo luogo, poi, l’inserimento di tale comma consentirebbe di attribuire valenza di principio generale all’equilibrio economico finanziario.
La modifica proposta, peraltro, consentirebbe di attuare anche un importante adeguamento formale, rendendo la rubrica dell’art. 3 coerente con il suo contenuto: essa, come detto, rinvia genericamente al debitore mentre i due commi che compongono il testo attuale della norma si riferiscono soltanto all’imprenditore, individuale al primo comma, collettivo al secondo comma.
3) Proposta di integrazione dell’Art. 14 (Obbligo di segnalazione degli organi di controllo societari) CCI
Si propongono alcuni interventi integrativi al contenuto dell’Art. 14 CCI.
Con riferimento al comma 2 della norma:
- si suggerisce di precisare che i soggetti chiamati a compiere la segnalazione debbono determinare il termine da assegnare all’organo amministrativo per individuare soluzioni e intraprendere iniziative e, successivamente, decorso quel termine, debbono valutare l’adeguatezza delle misure individuate e intraprese da parte dell’organo amministrativo sulla base di criteri da individuarsi nella tipologia e nelle dimensioni dell’impresa;
- si propone di prevedere che l’organo amministrativo comunichi non soltanto le iniziative già “intraprese” ma anche le iniziative “da intraprendere” per superare e/o “impedire” lo stato crisi, posto che l’oggetto della segnalazione sono soltanto “indizi”, pur fondati, e non è detto che la crisi sia già esistente;
- con riferimento alle informazioni da fornire all’OCRI, il riferimento ad «ogni elemento utile» risulta generico: si corre il rischio di far sorgere delle responsabilità da omessa informazione, aumentando contestualmente la discrezionalità dell’organo di controllo, il cui sindacato non ha un perimetro ben definito.
4) Proposta di modifica dell’Art. 15 (Obbligo di segnalazione di creditori pubblici qualificati) CCI
La norma, per l’escludere l’obbligo di segnalazione degli enti, fa riferimento alla presentazione, da parte del debitore, di «istanza di composizione assistita della crisi o domanda per l’accesso ad una procedura di regolazione della crisi e dell’insolvenza», rendendo di fatto sostenibile che essi siano tenuti ad effettuare una segnalazione anche quando sia in corso il perfezionamento di un piano attestato; conseguentemente, si potrebbe sostituire il riferimento alla «domanda per l’accesso ad una procedura» con un più generale rinvio all’adozione di «strumenti per il superamento della crisi»
5) Proposta di revisione delle norme che prevedono una verifica della fattibilità economica dei piani alla base delle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza
Il Codice prevede espressamente che la fattibilità economica i) nell’ambito dei piani attestati di risanamento (art. 56) e degli accordi di ristrutturazione dei debiti (artt. 57 e ss.), sia attestata dal professionista indipendente e ii) nell’ambito del concordato preventivo (artt. 84 e ss) sia accertata dal Tribunale.
Da questa scelta deriva che, nelle procedure di regolazione della crisi e dell’insolvenza, si rimettano nuovamente al Tribunale poteri e prerogative, come quelli della valutazione sulla fattibilità economica del piano, che, allo stato, sono posti in capo ai creditori; così facendo, si indebolisce il carattere privatistico di queste procedure in controtendenza rispetto alle riforme che hanno interessato la Legge Fallimentare negli ultimi anni.
6) Proposta di regolare espressamente i rimedi alla decisione del Tribunale fallimentare in sede di reclamo.
La attuale legge fallimentare non prevede espressamente un rimedio esperibile nei confronti della decisione resa dal Tribunale fallimentare ex art. 26 l. fall. in sede di reclamo avverso gli atti del Giudice delegato né un rimedio esperibile nei confronti della decisione resa dal Giudice delegato ex art. 36 l. fall. avverso gli atti o le omissioni del Curatore o del Comitato dei creditori.
La giurisprudenza esclude per lo più l’impugnazione del provvedimento emesso ex art. 36 l. fall. mentre, per quanto riguarda il provvedimento pronunciato ex art. 26 l. fall., in assenza di indicazioni normative, è incline a ritenere utilizzabile il rimedio di cui all’art. 111 Cost. ma soltanto quando la controversia abbia per oggetto diritti soggettivi.
Ciò, tuttavia, non consente di superare i dubbi interpretativi che si sono posti, si pensi ad esempio nel caso in cui il giudice delegato si pronunci nell’esercizio del potere suppletivo del Comitato dei creditori.
Il CCI nulla dispone sul punto e il decreto correttivo potrebbe essere lo strumento per colmare tale lacuna.
7) Proposta di estensione della possibilità di ottenere la nomina quale curatore, commissario giudiziale o liquidatore nelle procedure previste nel CCI anche per i soggetti iscritti all’albo degli avvocati e dei dottori commercialisti e degli esperti contabili che abbiano assistito il debitore
Si propone di integrare il testo dell’Art. 356 del CCI, prevedendo la possibilità di ricevere la nomina di curatore, commissario giudiziale o liquidatore nelle procedure previste nel CCI anche per i professionisti iscritti agli ordini professionali di avvocati, dottori commercialisti e degli esperti contabili e dei consulenti del lavoro che abbiano assistito il debitore nella presentazione della domanda di accesso in almeno tre procedure di concordato preventivo che abbiano superato la fase dell’apertura o tre accordi di ristrutturazione che siano stati omologati così come previsto dall’art. 352 del CCI per la nomina a componenti dell’OCRI.